In genere la mortalità da fulminazione è piuttosto elevata, ma si segnalano anche molti casi di persone rimaste indenni o salvate in seguito a un pronto intervento, mediante massaggio cardiaco o respirazione bocca a bocca. Una cosa importante da segnalare e da tenere bene a mente è il fatto che le persone colpite da folgore non sono cariche elettricamente, quindi non si rischia nulla a soccorrerle! 

I casi più frequenti di folgorazione avvengono nei pressi dove è caduta la scarica principale, questo fenomeno viene detto “corrente di passo”  e produce un campo elettrico che si espande verso l’esterno,  per circa 40 metri dal punto di impatto,  che va a interagire con quelle parti del corpo a contatto con il suolo; toccando il terreno con entrambi i piedi saremo attraversati dalla corrente, l’ideale sarebbe stare su un solo piede… quindi come regola generale cercare di tenere i piedi il più uniti possibile e piegarsi a riccio con la testa fra le ginocchia, senza toccare il terreno con altre parti del corpo. Attenzione quindi ai segnali premonitori, quei pochi che ci possono essere, come crepitii quando si cammina, peli o capelli che si drizzano, sono indice che ci troviamo in un’area a carica positiva sotto la base della nube, dove il rischio di folgorazione è massimo. 

In Italia ogni anno cadono più di 600.000 fulmini, la regione più colpita è la Lombardia con 98.000 contro i 38.000 della Sicilia, i danni causati a manufatti, elettrodotti e altre opere sono ingenti; si calcola che ammontino a vari milioni di euro all’anno. Per quanto riguarda gli edifici i più colpiti sono i campanili, seguiti dalle torri alte e guglie, poi i camini e infine i tetti. Le persone colpite, in maniera più o meno grave, nel mondo ogni anno sono più di 10.000. I fulmini spesso provocano perdite di bestiame, specialmente di pecore (animali che hanno l’abitudine di formare un gruppo compatto) creando così una colonna di aria calda e umida a carica positiva, che dal gregge sale verso la base della nube temporalesca generando un percorso conduttore attraverso il quale si scarica la folgore.  

Se ci troviamo fuori all’aperto bisogna cercarsi un riparo adeguato, ideali sono i luoghi chiusi come baite, rifugi o autovetture (mi raccomando con i finestrini ben chiusi e senza toccare le parti metalliche), se ciò non fosse possibile allora cercate luoghi che siano più bassi rispetto all’area circostante e accovacciarsi a piedi uniti; non ripararsi mai sotto un albero isolato, soprattutto quelli con fusto allungato a cono, meglio  in una zona alberata estesa (anche se non è l’ideale); evitare di ripararsi nei pressi di oggetti alti, appuntiti  e in particolare pali della luce, tralicci metallici, ecc.; se proprio dobbiamo stare meglio posizionarsi sotto i cavi elettrici lontano dai tralicci e accovacciati; le grotte sono sicure se profonde, invece è molto pericoloso stare all’ingresso e questo vale anche quando stiamo a casa nei pressi della porta d’ingresso e sotto la veranda; non stare nell’acqua e nemmeno nelle sue vicinanze; allontanare eventuali oggetti metallici come bracciali, anelli o  arnesi da lavoro.

Anche stando a casa bisogna evitare alcuni comportamenti che possono essere dannosi, innanzitutto ricordiamoci che i fulmini tendono a seguire i circuiti elettrici, per cui non tocchiamo radio, computer e altri elettrodomestici;  inoltre stacchiamo l’antenna del televisore; non utilizzare il telefono fisso se non per emergenza, mentre si può utilizzare tranquillamente il cellulare; bisogna stare lontani da caloriferi e tubi dell’acqua, di conseguenza evitiamo di fare la doccia e di toccare i rubinetti; chiudere bene porte e finestre e non sostare vicino un camino anche se spento. Seguendo queste semplici regole la casa rimane un luogo molto sicuro.

Per concludere il detto “un fulmine non cade mai due volte nello stesso posto” è assolutamente privo di fondatezza ed esistono luoghi in varie parti del mondo in cui le sommità di alcuni edifici sono colpite da fulmini anche 100/150 volte all’anno, alcune di queste nel corso di un unico temporale. ■

a cura di Salvatore Rollo