Un satellite è definito come un oggetto orbitante che ruota attorno ad un corpo celeste, può essere di tipo naturale o artificiale.
Parliamo di satelliti naturali se ci riferiamo ad altri corpi celesti che ruotano attorno quello principale, quindi le cosiddette “lune” dei vari pianeti, i satelliti artificiali sono invece quelli concepiti per un determinato scopo e messi in orbita dall’uomo.
Nel caso della meteorologia, così come altri settori della ricerca scientifica, parliamo ovviamente di satelliti artificiali.

 Le orbite: geostazionarie e polari 

L’acronimo del termine “geostazionario” sta per “stazionario rispetto alla terra”, ovvero definisce un’orbita per la quale agli occhi di un osservatore posto sulla superficie terrestre il satellite risulterà fermo sulla volta celeste.

Questo perchè si verificano in contemporanea le seguenti condizioni:

  • periodo orbitale uguale al periodo di rotazione della terra, che non è il giorno civile bensì il giorno siderale che ha come riferimento le stelle fisse (23h 56m 4s): in questo caso parliamo di orbita geosincrona;
  • orbita circolare;
  • orbita che giace sul piano equatoriale terrestre.

Come stabilire la distanza dalla superficie terrestre affinchè sia geostazionario?
Qui interviene la terza legge di Keplero secondo cui “il rapporto tra il quadrato del raggio dell’orbita e il cubo del periodo è costante”. Quindi il periodo orbitale aumenta allontanandosi dalla superficie terrestre, ma a parità di distanza risulta costante.
Tenendo conto delle condizioni da soddisfare descritte in precedenza e del raggio della Terra, un satellite in orbita geosincrona deve trovarsi ad un’altezza di circa 36 km.

Il limite dei satelliti geostazionari è rappresentato dal fatto che non possono ricoprire le aree del globo al di sopra dei 70° di latitudine per motivi di prospettiva che ne distorce fortemente la visione, mentre a la copertura teorica totale va dal cosiddetto “Sub Satellite Point”, ovvero il punto sulla verticale esatta del satellite (0° di latitudine e 0° di longitudine, Golfo di Guinea) fino a 80°, limite massimo di scansione delle immagini.

Per quanto riguarda le orbite polari sono caratterizzate da una quota di posionamento decisamente inferiore (circa 850 km) e da una “scannerizzazione” della superficie terrestre effettuata seguendo appunto un’orbita che attraversa le zone polari.

Ci sarebbe un’infinità di orbite polari realizzabili, tuttavia come sempre si scelgono quelle che soddisfano determinate condizioni e che tengono conto di alcuni fattori:

  • inclinazione di 90° sul piano equatoriale terrestre;
  • angolazione tra il piano orbitale ed il Sole costante, per garantire le medesime condizioni di illuminazione in un determinato istante ed in un determinato punto della superficie terrestre;
  • precessione del piano orbitale pari al moto apparente del Sole visto dalla Terra (eclittica).

Per soddisfare le suddette condizioni si è scelta un’inclinazione di 98,7° sul piano equatoriale con moto retrogrado.

La scelta della quota di volo è invece il risultato di un compromesso tra risoluzione spaziale elevata con periodo orbitale breve ed un’area di vista ampia con sovrapposizione di due orbite successive; si è scelto di adottare un’altezza di 850 km con periodo orbitale di 100 minuti come miglior soluzione.
Il satellite polare copre così un’area di circa 3000 km della superficie terrestre e compie 14 orbite al giorno, passando due volte su ogni punto della stessa superficie.

Come si può intuire, satelliti geostazionari e polari devono considerarsi complementari fra loro in quanto presentano vantaggi e svantaggi speculari, nei satelliti geostazionari si ha il vantaggio di un’analisi continua nel tempo (immagini anche ogni 15 minuti), mentre nei satelliti polari le osservazioni sono solo due al giorno per uno stesso punto.

Questi ultimi però a loro volta presentano il vantaggio di raccogliere immagini con le medesime condizioni di illuminazione ed una risoluzione spaziale costante per l’intera orbita.

Lancio in orbita MSG-2

 EUMETSAT e NOAA 

La rete di satelliti meteorologici geostazionari e polari viene gestita congiuntamente dall’ente europeo EUMETSAT e quello americano NOAA.

EUMETSAT è un’organizzazione intergovernativa fondata nel 1986 il cui scopo è quello di fornire previsioni e dati climatici relativi ad immagini e prodotti derivanti dai dati satellitari, per i servizi meteorologici nazionali degli Stati membri europei nonchè altri utenti nel mondo.

Il NOAA – National Oceanic and Atmospheric Administration – è un ente di ricerca scientifico che si occupa di vari ambiti del settore, ed ovviamente anche di ricerca meteorologica con prodotti e servizi relativi al monitoraggio climatico nonchè studi riguardanti l’evoluzione del sistema nel tempo; la sua origine risale addirittura dal lontano 1807.

Riguardo i satelliti geostazionari, EUMETSAT gestisce la famiglia dei Meteosat il cui lancio del primo satellite risale al 1977, il Meteosat-1.
Il ciclo dei satelliti di prima generazione si chiude con il lancio del Meteosat-7 nel 1997, poi nel 2002 si apre la serie dei Meteosat Second Generation con il lancio del MSG-1.
Tale serie comprende quattro satelliti e dovrebbe garantire il funzionamento almeno fino al 2018, quando probabilmente si passerà ai satelliti di terza generazione.

NOAA gestisce invece i propri satelliti geostazionari per l’area americana, denominati con lo stesso nome dell’ente e caratterizzati da identificativi numerici (NOAA 12, NOAA 14, ecc.).

Riguardo i satelliti polari, Eumetsat e Noaa gestiscono il sistema denominato Initial Joint Polar System (IJPS), costituito dai satelliti della serie americana NOAA (16/17/18) e di quella europea Meteorological Operational, METOP (A-B-C).
Vi sono anche altri satelliti polari che possono essere utilizzati per l’analisi dei fenomeni meteorologici, come ad esempio i due satelliti Terra e Acqua della NASA (National Aeronautics and Space Administration).

 Strumentazione 

Gli strumenti più importanti installati a bordo dei satelliti meterologici sono i radiometri, dispositivi che analizzano la radiazione emessa dalla Terra e dall’atmosfera in differenti regioni dello spettro elettromagnetico.

In particolare il SEVIRI, presente nei satelliti MSG, fornisce i dati in 12 differenti canali, 4 nel visibile e vicino infrarosso e 8 nell’infrarosso vero e proprio, con un tempo di scansione di 15 minuti.
Il medesimo strumento installato nei satelliti polari NOAA e METOP si chiama AVHRR (Advanced Very High Resolution Radiometer) e analizza le radiazioni in 6 canali spettrali, 3 nel visibile/vicino infrarosso e 3 nell’infrarosso.

Riguardo il SEVIRI la risoluzione spaziale per i vari canali è di 3 x 3 km sotto la verticale del satellite, quindi all’altezza dell’equatore (1 x 1 km per il canale ad alta risoluzione HRV, High Resolution Channel).
Ovviamente spostandosi di latitudine le risoluzioni sono minori per motivi derivanti dalla prospettiva, ad esempio per la nostra latitudine sono rispettivamente di 4,2 e 1,4 km. ■

a cura di Stefano Salamanna

Fonti: “Manuale di Meteorologia” – di M. Giuliacci, A. Giuliacci, P. Corazzon

Vedi anche: Analisi immagini satellitari