Uno dei fenomeni più pericolosi e allo stesso tempo più affascinanti che la Natura possa offrirci è senza dubbio il fulmine. La sua pericolosità risiede nel fatto che il suo arrivo non è preceduto da nessun segnale premonitore, salvo rari casi; anche per questo i temporali – generatori di fulmini – suscitano nel genere umano e non solo un timore ancestrale, e in fondo non c’è da meravigliarsi, considerato che se non si riesce a trovare un riparo adeguato, il fulmine può ferire o uccidere!

In condizioni di bel tempo il flusso di cariche positive presente in atmosfera, viene trasportato verso la Terra che è carica negativamente, tale situazione porterebbe ad annullare la carica terrestre in 10/15 minuti. Questo equilibrio però non si verifica ed è facile intuire che esiste in Natura un meccanismo di reintegro immediato dell’elettricità, che viene costantemente perso dalla Terra.

Sul pianeta in ogni istante sono simultaneamente attivi 2000/3000 temporali, i quali attraverso le scariche elettriche (fulmini), restituiscono alla Terra la carica negativa distrutta dalle correnti ioniche positive di bel tempo.

Sull’origine dei fulmini ancora oggi restano molti misteri, tuttavia uno dei processi attualmente più accreditati per spiegare la formazione e separazione delle cariche elettriche – all’interno dei cumulonembi ( nubi temporalesche o a sviluppo verticale ) – prende in considerazione i moti ascendenti e discendenti, responsabili della formazione delle stesse nubi. 

La separazione delle cariche elettriche inizia quando il cumulonembo comincia a ghiacciarsi sulla sua sommità, ossia quando contiene sia acqua che ghiaccio, in tal modo la nube inizierà a caricarsi positivamente nella sua parte alta e negativamente alla base.  Uno dei processi attualmente più avvalorati per spiegare la separazione delle cariche è quello non induttivo, e si esplica quando una grossa particella di graupel            (embrione di grandine) si trova immersa in un ambiente ricco di goccioline d’acqua sopraffuse, di vapore acqueo e di cristalli di ghiaccio, il tutto sostenuto dalle correnti ascensionali. In questo modo i piccoli cristalli di ghiaccio (più freddi) urtando i graupel (più caldi) gli cedono una piccola carica negativa, diventando così leggermente positivi; trasportati poi verso l’alto dalla corrente ascendente, comportano un accumulo di cariche positive alla sommità del cumulonembo; mentre i graupel, cadendo verso il suolo perché più pesanti, accumulano la carica negativa negli strati più bassi della nube.

Alla fine del processo la nube sarà caricata positivamente in alto e negativamente alla base, anche il terreno sottostante, per un fenomeno di induzione, diviene carico positivamente sotto la nube e negativamente ai lati; il tutto diventa come un enorme circuito elettrico con un isolante in mezzo, l’aria. Ma anche gli isolanti più tenaci ad un certo punto cedono, e quando la differenza di potenziale tra due zone cariche diversamente, raggiunge valori prossimi a un milione di Volt, si innesca la scarica sotto forma di fulmine. Ogni 3 secondi un fulmine si abbatte su qualche punto della Terra, scaricando al suolo una corrente elettrica pari a quella necessaria per mantenere accese, seppur per qualche millesimo di secondo, 50.000 lampadine da 100 Watt.

Il fulmine può avvenire tra nube – suolo, nube – nube, nube – aria e all’interno della stessa nube; è ovvio che la scarica più pericolosa, per gli esseri viventi e le cose, è quella nube – suolo. Il meccanismo della scarica è articolato e si manifesta in due tempi: il primo detta scarica guida è formata da una scarica negativa debole e invisibile, che dalla nube procede verso il suolo a zig – zag avanzando con una velocità di circa 8000 km/s; quando poi tale scarica giunge a circa 50/100 metri dal suolo, da quest’ultimo parte una scarica di ritorno positiva diretta verso l’alto, nel momento in cui le due scariche si incontrano si genera una scia brillante di congiunzione tra cielo e terra, il circuito si chiude e lungo tale traccia risale verso la nube una fortissima corrente elettrica a una velocità stimata di circa 46.000 km/s.

Tutte le sporgenze del terreno (alberi, pali, antenne, ecc.) come pure gli oggetti appuntiti e i materiali conduttivi, favoriscono l’innesco del fulmine; tali sporgenze, per effetto del noto fenomeno detto “potere delle punte”, disperdono sulla colonna d’aria sovrastante flussi di ioni positivi sottratti al terreno, che si dirigono alla base del cumulonembo rendendo l’aria buona conduttrice.

Il fulmine si esplica con un effetto luminoso (lampo) e uno sonoro (tuono); il tuono altro non è che una violenta onda d’urto che sbatte contro l’atmosfera circostante, esso deriva dalla forte espansione dell’aria causata dal sensibile aumento di pressione dovuto all’intenso calore generato dalla scarica elettrica; l’aria attraversata da un fulmine raggiunge temperature di circa 25.000 °C in meno di un milionesimo di secondo! Il tuono può essere percepito fino ad una distanza di 15 – 20 km e quando sentiamo il suo brontolio sarà bene cercare riparo se siamo all’aperto; per determinare la distanza a cui si trova il temporale basta fare un piccolo calcolo contando i secondi che intercorrono tra il fulmine e il rumore del  tuono e poi moltiplicare per 3, il valore ricavato è la distanza in km (3 secondi = 1 km) . 

I fulmini, come accennato prima, sfruttano il potere delle punte abbattendosi su ogni cosa che si eleva dal suolo, come vette, campanili, camini, antenne, grandi alberi isolati (pioppi, querce e olmi tra tutti), anche un individuo può diventare bersaglio del fulmine, in generale più l’oggetto è alto più è vulnerabile. La scarica può trasmettersi attraverso corpi conduttori di elettricità, come tubi metallici, fili spinati, mazze da golf, grondaie e corsi d’acqua; sfortunatamente anche il corpo umano, fatto in prevalenza di acqua, è un discreto conduttore ricoperto da un isolante, la pelle. In caso di folgorazione diretta non ci sono vie di scampo, il corpo subisce una necrosi istantanea (carbonizzazione) degli organi interni attraversati dalla scarica, si noterà un foro di entrata e uno di uscita, che normalmente è localizzato nelle estremità degli arti inferiori; se non vengono toccati organi vitali le lesioni potrebbero non risultare immediatamente mortali, anche se spesso vi è arresto cardio – circolatorio.